giovedì 20 marzo 2014

The Grudge





It was quite complicated to translate Danny's parts, but I am very proud of my work, especially for the intro (copier style XD) and for the crazy ending.



Unfortunately I can't verify the publisher of the bass and guitars lines, the vocal line and the drum's draft (that I completely changed).

If someone were to recognize his work, let me note.

Thanks



Listen with headphones for better performance :)





https://soundcloud.com/ironpego

mercoledì 12 marzo 2014

Mosche

Estate di tanto tempo fa. Caldo.
Il grano oppresso dallo scirocco incandescente.
Le cicale come emorragie nel mio cranio.
Una cascina dispersa nel nulla.
Avrei potuto scappare in ogni momento, ma non l'ho fatto.
A oggi, la scelta migliore della mia vita.
Nessun giornalista stempiato a gracchiare notizie.
Nessuna tv del dolore a leccarmi le ferite.
Nessun carosello gioioso a smorzare la mia morte morale.
Solo le mosche mi degnavano di attenzioni disinteressate.
Per tre anni la stessa frase:
"Tesoro! Sono tornato..."
Raggelante, sentenziosa come l'ascia di un boia.
E io scappavo, nel profondo della mia anima,
ma restavo immobile su quella branda, fusa con me.
Assente.
Ti piacevano la mia pelle liscia,
i miei capelli fini e lunghi,
i lineamenti puliti.
Credo che mentre mi fissavi, dalla tua posizione dominante,
non sapevi nemmeno se ero maschio o femmina.
Ero come la creta per un vasaio,
di peso mi scivolavi sottopelle,
lacerando e fremendo in un valzer perverso.
Il mio corpo come capolavoro Fontaniano,
e il mio intimo devastato come Guernica.
La cosa che ero, distante chissà quanto,
a giocare con i soldatini prussiani,
sognando che venissero a ficcarti del piombo nel cuore.
La mia vittoria contro i francesi, schiacciante come sempre,
interrotta da mia madre,
lesta nel ricordarmi di andare a prendere il pane,
o sistemare la mia stanza.
"Per oggi ti è andata bene Generale Frossard,
la tua umiliazione è rimandata a domani."
La mia no, è stata sempre precisa e puntuale.
Avevo tutto, e mi era stato rubato tutto, dal mio stesso sangue.
Diventare uomo a 9 anni, senza aver mai baciato una bambina.
E nonostante ciò, non fuggivo.
Mille volte ho scalfito quella parete, quei muri testimoni di tutto.
Se non lo facevano le mie unghie esasperate,
nel vano tentativo di sfuggire all'ascia,
lo faceva la mia mano tremante,
come monito che quello era il conto di ciò che mi era stato rubato.
Mille giorni più una vita intera.
Al millesimo ti ho atteso, tesoro,
e quando sei tornato, mi sono ritratto,
rannicchiato come un serpente,
ho atteso che tu fossi su di me,
bramoso di scaraventarmi ancora nella fossa.
E ti ho colpito, e ancora, e ancora,
con un solo dente luccicante ti ho riempito di veleno.
Rancore, rivalsa, vendetta. Panacea mortale.
Ho avuto pietà, troppa, ti ho annientato in poco tempo.
Ho visto zampillare la tua vita su di me,
il tuo calore disperdersi e tornare parte dell'universo,
la tua espressione interrogativa specchiata nella mia risata isterica.
E per la prima volta ho sentito la viscosità di un orgasmo, mio.
Caldo, reale, vellutato, violento.
Ti ho lasciato su di me, grasso porco bastardo,
e ti ho guardato fisso negli occhi, duro come ossidiana,
aspettando mentre ti svuotavi dalla linfa,
incapace di muovere qualsiasi muscolo, atterrito,
e il mio petto cinabro che ancora sussultava estasiato.
Non dirmi che non ti è piaciuto il mio omaggio,
un gesto per sdebitarmi di tutte le attenzioni subite,
il tuo membro potato e succhiato viscidamente da una bocca diversa, la tua.
Sai come sono, l'ho fatto col cuore in mano, il tuo.
Papà.

Affidato ad altri fino alla maggiore età,
non li ho mai amati.
Mamma, non ricordo nemmeno più il tuo profumo,
e ancora mi vergogno nel venirti a cercare,
Non sono stato in grado di impedirlo,
complice del mio carnefice.
Vivo il disagio della luce, degli sguardi,
rifuggo dagli adulti,
io, un bambino di ventun'anni.
Appena ho potuto, ho preso la mia borsa piena di ricordi
e me ne sono andato per finire ciò che avevo cominciato.
Tale padre, e tale figlio.
Lo faccio per il piacere carnale, come lui.
Vengo dentro le loro vite, per disprezzo, come lui.
Uccido le anime, come lui.
Vivo nel buio del passato, afferrando gli spiragli di luce del presente.
L'onnipotenza mi è stata donata per pareggiare il conto salato di tanti miei fratellini indifesi.
Non hanno altri dèi all'infuori di me.
Strappo la vita alle bestie indegne di possederla,
coloro che mettono al mondo oggetti per il loro piacere,
menti malate che amano nella maniera sbagliata.
Li cerco di notte, li sento attraverso i muri, vedo nei loro cuori,
sono marchiati a fuoco, senza scampo.
Si riconoscono perchè corrono sempre, cercano di sfuggire ai loro demoni.
Prima o poi saranno miei.
Le mani inguainate, pronte a fendere,
non lascio tracce, sono letale.
Li recido e li lascio svuotare,
si sforzano di gridare con la gola squarciata, inutilmente.
Ma quei porci moribondi urlano con lo sguardo:
"Perchè? Chi sei? Cosa ho fatto?"
Li scruto e tutti hanno gli occhi di quell'uomo chiamato Padre,
affamati, disperati.
Con l'ultima esalazione spalancano il cuore,
in ritardo ma hanno capito.
Amen.
Ogni volta l'orgasmo si intensifica, sempre più abbondante,
sempre più indifferente.
E' lo spirito santo.
Sono lì, gli tengo la mano, accompagno i loro volti interrogativi,
perchè è una cosa che va fatta.
Questi sono i Figli di Dio con il proprio membro in bocca.
Anche i bambini hanno la gola tagliata, non parlano,
amano troppo i genitori, ne sono dipendenti,
l'amore sbagliato non viene mai alla luce.
Ai funerali noto figli tristi ma che non piangono,
e mogli disperate che non si capacitano,
era un padre modello, un lavoratore onesto, casa e chiesa.
A casa hai scarnificato l'anima del tuo stesso sangue,
in chiesa tieni ben chiusa la bara con i tuoi segreti.
Ecco il Padre Modello figlio di Dio,
ecco spiegate le montagne di giocattoli fuori stagione,
i gelati in pieno inverno,
Mamma, ecco spiegati i soldini che trovavi nei miei pantaloni corti.
Ti dissero che ero stato rapito, scomparso.
Dal suo punto di vista, non andavo più condiviso con te.
Niente giocattoli per me, né gelati, nulla di nulla,
solo unghie conficcate nella schiena, tintinnio di cinture slacciate,
sorrisi terribili e saliva arroventata. Per mille notti.
Dopo l'estremo saluto e le lacrime versate,
scrivo alle famiglie, per sdebitarmi.
Disegno la storia di quel Padre, di ogni Padre, delle urla strozzate,
dei ricatti privati. Il patto del silenzio.
Devono stare male, per aver pianto sulla lapide di un essere indegno,
per averlo amato preferendo non sapere. Ma è troppo tardi.
Così come io ho pianto in quel casolare,
dopo ogni umiliazione,
per loro dev'essere la più tremenda sconfitta, la beffa più bruciante.
Io sono la via, la verità e la vita.

Non uccido. Purifico.

Saturn Ascends

L'idea di scrivere un semplice testo, per quanto banale possa sembrare la tematica, non mi bastava.

Certo, direte voi, ma potevi abbreviarlo e non sarebbe stato una tremenda pigna in culo.

A me non bastava.

Nasce come testo singolo ma poi viene scomposto in tre parti, nel tentativo di renderle tre parti che potessero essere indipendenti alla lettura.

E' stato complicato, e tuttora sono convinto di non esserci riuscito pienamente.

La punteggiatura, in particolare, è quella che mi ha dato più problemi. Alcune parti non combaciano, perché o erano giuste nell'interezza del testo, oppure erano esatte nella forzatura delle parti prese singolarmente.




Tutto ha un senso,
ogni linea sottile è posta con criterio,
ogni tratto di penna si riflette infinite volte.

Ogni punto è una galassia.

Saturn Ascends




Siamo amanti, avvinghiati, sbagliati.
Abbiamo fatto una scelta.
Ho fatto una scelta.
Fottuta notte, maledetta donna.
Quando ci ripenso, ancora non capisco,
sarebbe meglio ridere o impazzire?
Dilaniato dal piacere.
deliziato dal senso di colpa.
E quel feto agghiacciante è lì.
Come ogni notte.
Perché? Perché?
Sono figlio di un errore?"
L'ignoranza è la mia matrigna?
Mi tormenta. Lo odio.
Tu come stai? Ovvio, stai bene, certo.
Fottuta troia,
Era il sesto o il settimo?
non te lo ricordi più nemmeno tu,
amore mio, così dolce.
Molte creature divengono luminescenti
lastricando il tuo cammino
boccioli mai fioriti
a rischiarare la via.
Mi hai condannato a notti da larva,
avvolto nel mio stesso sudore,
fradicio di rimorso fin dentro le ossa.
Perché? Perché?
mi sento forse superiore?
A Dio? All'occhio?
Mi tormento. Ti odio.
Chi siamo? E con quale diritto lo facciamo?
La spada pende sul mio capo.
Ostaggio di un figlio assassinato
Un germoglio mai nato.


... E le mie mani ancora sporche del suo sangue.
Ti sto raggiungendo.
Vi sto congiungendo.


Mi odio.

lunedì 10 marzo 2014

Fiorello e il paradosso italiano

I fatti sicuri sono:
Fiorello ha investito un anziano sulle strisce pedonali.
Altro non sappiamo, se correva, aveva il casco, stava fumando, stava facendo la pubblicità della wind, o cosa.
Se una persona X investe un anziano sulle strisce, è un pirata, anche se si ferma, e sono i giornalisti stessi ad affibbiargli questa etichetta.
Se però l’investitore è Fiorello, allora la vittima diventa lui, e quasi ci si dimentica di affrontare il dramma di un 70 enne, con gli evidenti problemi che porta la terza età, che ha subito fratture multiple e che, considerata la sanità italiana, oggi è solo un politraumatizzato come tanti, e domani esce gelido e a piedi avanti.
Tutto questo per dire cosa?
1) Che il giornalismo è una cloaca popolata da sciacalli che venderebbero la madre per uscire con uno scoop.
2) Che i servizi dei telegiornali sono vergognosamente smielati e intaccano le barriere emozionali degli utenti.
3) Che persone come Barbara D’Urso, anche detta “la tremenda leccaculo e fervente credente partenopea”, gestiscono programmi viscidi e ripugnanti basati sullo sfruttamento delle sofferenze altrui, senza alcun ritegno, e sono le prime persone a dire “poverino Fiore siamo tutti con te”, e solo dopo mezz'ora di intervista ai suoi amici del bar, sprecano 7 secondi per dire che “l’anziano investito ha solo quattrocento fratture… ma per fortuna Fiorello non è in pericolo di vita.”. Patetici.
4) Che il personaggio televisivo è quasi un semidio. E quindi può in qualche modo fare ciò che gli pare, ci penserà l’opinione pubblica a lavare via ogni macchia e ogni dubbio su di lui, rigirando la frittata affinché egli ne possa uscire semmai più popolare di prima.
Balotelli docet, in Inghilterra era lo zimbello di una nazione, qui un patrimonio dell’Italia.
La mia personale opinione?
Fiorello è un pirata.
Non si può dire che abbia prestato soccorso, ma almeno non è fuggito.
Deve pagare.
Deve solo sperare che il signore anziano reagisca e sia forte.

Ah già dimenticavo, se sfortuna vuole e il signore ci lascia, ci penseranno i mass media a sbrogliare la matassa addossando la colpa ai soccorsi, all'ospedale eccetera, anche a Dio se serve, e Fiorello ne uscirà pulito e candido, libero di tornare a postare stupidi video delle sue colazioni, che solo a persone mentalmente inferiori possono interessare.