venerdì 21 novembre 2014

Non ricordare di non ricordare.

Oggi vorrei abbracciare forte i miei genitori, come se non dovessi più vederli.
Da quasi 27 anni vivo con loro, e da almeno un quarto di essi ho smesso di prodigarmi in simili gesti.
Sono passati quasi 3 anni da quando, durante i miei tirocini, ci siamo recati presso una famiglia.
Una bella casa, come quelle di una volta, con il piano terra rialzato e ancorato al suolo da una scala di pietra e da quelle cantine dove i nonni mettevano a stagionare il vino e i salumi.
In questa casa viveva una coppia di coniugi anziani: la signora potrei descriverla come minuta, dai capelli grigi fino alle spalle, ma con uno spirito forte. 
La prima cosa che mi colpì del marito non furono né i suoi candidi capelli, né che fosse un uomo alto e piantato, ma il fatto che non riuscisse a legarsi la cintura e, per quanto si sforzasse, non ne era capace; continuava a tirarsi su i pantaloni, più su dell'ombelico, e attorcigliava la cintura per fissarla.
Non ci considerava minimamente, credo che per lui non esistessimo, eravamo esclusi dal suo mondo.
Non sembrava essere convinto della buona riuscita della sua opera. Alzò gli occhi un istante verso di noi, ed erano degli occhi vuoti, che non esprimevano alcuna emozione, come due sfere anonime; sembrava che ci attraversassero per guardare oltre, verso qualcosa che solo a lui era dato di sapere.
Senza degnarci di ulteriori attenzioni,andò a sedersi sul divano, davanti alla televisione,ma non la accese, e se ne stette lì a fissarla senza mai proferire parola. Pareva che appartenesse ad un'altra dimensione, con la quale non potesse esserci comunicazione. Ho sempre voluto conoscere, sapere; vorrei sapere se è ancora vivo, vorrei sapere cosa c'era nella sua mente quel giorno.
Il nulla?
Il vuoto?
Oppure, al contrario, il caos?
Oppure ancora, qualcosa il cui fluire era così lento, da renderlo persino estraneo a questo mondo?
Quell'uomo in quel momento, mi ricordò mio nonno, non per la sua malattia, né per il suo disagio, ma perché alcuni signori anziani, inevitabilmente, hanno qualcosa che ci ricorda un nonno. Forse i classici capelli bianchi, forse gli occhi azzurri.
Ma quello stesso uomo, più passa il tempo, più sembra prendere le sembianze di mio padre. E' il segno dello scorrere del tempo, è il segno che stiamo invecchiando, e quella subdola impersonalità che rende tutti estranei, perfino la propria moglie, non è più solo una malattia dei vecchi, ma una malattia anche dei genitori, che stanno diventando vecchi.

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